|
Brancaleone Vetus - Staiti |
PROGRAMMA
Ore 10.00 Stazione Ferroviaria di Brancaleone: raduno.
Ore 10. 15 verso località Brancaleone Vetus del comune di Brancaleone: sosta automobili.
Ore 10.30: inizio archeotrekking.
PERCORSO:
Dopo aver visitato in lungo e in largo l'antico borgo di Brancaleone Vetus con le auto ci si sposterà a Staiti dove, dopo aver visitato il borgo, ci aspetta la degustazione di prodotti tipici locali con un contributo offerta di 5,00 €. La sosta a Staiti nel pomeriggio sarà accompagnata da musica etnica eseguita da suonatori locali.
DIFFICOLTÀ: cat. E (turistica).
(*) Si consigliano:
1. Scarpe e abbigliamento da trekking;
2. Cappello
3. Scorta di acqua potabile
NOTE:
Brancaleone Vetus, oggi disabitata ed abbandonata,
è situata su di un promontorio di arenaria è un esempio di architettura classica
basiliana, architettura costretta da esigenze difensive ad avere una visuale
completa della vallata sottostante. Anche se la costruzione risale ad anni precedenti, il completamento
dell'insediamento risale circa all'anno 1000 d.c. Il
castello ospitò per molti anni i Ruffo (1364-1515); fu dominio degli Ayerbo
D’Aragona, conti di Brancaleone tra il 1515 e il 1565; nel 1571 di proprietà
degli Spatafora, mentre nel 1674 il feudo passò per successione ai Carafa che
rimasero padroni assoluti fino al 1806, Vincenzo Carafa VII, marchese di
Brancaleone, sarà l’ultimo feudatario. Sull’origine del nome, i documenti
confermano che anticamente Brancaleone si chiamava Sperlinga o Sperlonga (dal
latino Spelonca e dal greco Spelux con il significato di caverna o spelonca),
oggi a testimonianza rimangono la via Sperlongara e una torre di avvistamento
cono nome omonimo e le grotte di Sperlonga, di Epoca Bizantina, all’interno
delle quali i monaci scelsero di condurre la loro vita eremitica. Il vecchio
borgo di Brancaleone Vetus è stato abbandonato definitivamente dai suoi
abitanti agli inizi degli anni cinquanta/sessanta del Novecento, dopo l’ultima
alluvione, che distrusse gran parte delle strutture. Cesare Pavese, scrittore e
poeta piemontese, durante il suo confino politico nella Marina di Brancaleone
(anni 1935/1936), conosceva bene Brancaleone Vetus, qui vi trascorreva
piacevoli ore in compagnia di amici.
Staiti (Stàti in greco-calabro) è un comune italiano di
260 abitanti. Arroccato sul fianco della Rocca Giambatore a 500 m s.l.m. e con
vista sull'ampia valle della fiumara di Bruzzano, sorge Staiti, paesino del basso Jonio della Regione Calabria, all'estremo confine a sud del Parco nazionale dell'Aspromonte.
Di origini incerte, si suppone essere nato intorno al 1500 come luogo d'avvistamento facente
parte del feudo di Brancaleone allora retto da Geronimo Ruffo. Assunse l'odierna denominazione allorché fu acquistato
dalla famiglia Staiti (nome tutt'oggi molto diffuso specialmente nel Messinese)
che lo fortificò e lo cedette poi ai principi Carafa di Roccella Jonica che
lo tennero presumibilmente fino al 1806 (epoca dell'eversione della
feudalità). L'abitato, come consuetudine dei paesi arroccati, segue l'ardua
orografia del territorio e si incastona perfettamente su questa roccia che dà
una sensazione di precarietà e sicurezza al tempo stesso. Tutto l'interesse
ruota attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vittoria, la Piazza antistante
il grande edificio religioso è il punto di incontro dei cittadini, gente umile
che a fatica e combattendo l'arduo territorio è riuscita a tirare avanti
lavorando con dedizione e cogliendo i frutti che la terra offriva loro. Oggi la
comunità è molto piccola, la meno numerosa dell'Area Grecanica, ma un tempo Staiti era fiorente, con una
popolazione che si attestava intorno alle 1500 unità ed aveva una florida
economia anche in epoche di crisi. Dal punto di vista delle tradizioni Staiti è
rinomato per i suoi “maccarruni e carni i crapa”, prodotto tipico locale che viene promosso nell'ormai
consueta sagra della seconda domenica di agosto; la festa di Sant'Anna
costituisce invece il momento culminante della vita religiosa e civile della
comunità staitese. Tornano gli emigrati da ogni parte d'Italia e d'Europa e i
devoti dei paesi vicini: Staiti diventa un paese vivace e palpitante. I giorni
della Novena, dal 16 al 24 luglio, sono scanditi dal suono dei
tamburi che, richiamando i fedeli li accompagnano alla Chiesa della Santa. E, a
proposito di tamburi, questo centro pre-aspromontano del versante Jonico
meridionale si è sempre distinto per l'impegno profuso a mantenere viva sino a
tutt'oggi la cultura musicale bandistica, portata avanti da tanti giovani
volenterosi, succedutosi da una generazione all'altra, per quasi un secolo.