Ha avuto un sapore particolare il primo maggio ricordato
dal Gruppo Archeologico Valle dell’Amendolea e da EquoSud. E non ci riferiamo certamente all'aspetto gastronomico, che comunque ha lasciato il segno, ma alla riflessione spontanea (e
nello stesso tempo profonda) del valore simbolico che tale ricorrenza ha sempre
rappresentato. Quale altro sito, se non la fiumara dell’Amendolea, poteva
fornire uno stimolo così vigoroso ed appropriato per una simile riflessione?
Infatti. Nonostante
il fastidioso piovigginare, la mattinata si è aperta con la visita ai ruderi
del castello “Ruffo”, una fortezza medievale che da l’idea di come ci si doveva
attrezzare per poter resistere alle frequenti incursioni perpetrate fin dai
tempi più remoti. Tra le possenti mura che ancora sfidano l’incuria dell’uomo e
le intemperie della natura, abbiamo provato a compiere un’immersione nella storia: quella che poi è la nostra storia e che
ognuno dovrebbe fare un ripasso per meglio capire le contorte dinamiche di un
presente alquanto precario.
fig. 2 Visita al Castello Ruffo di Amendolea _ Condofuri (RC) Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea", Equosud e Ponti Pialesi |
fig. 3 Fiumara dell'Amendolea percorso fino da "Zio Nino" |
Tutti sappiamo, però,
che l’Amendolea non è solo il castello. Lungo le rive di quella fiumara si scandivano
le ore di un lavoro agreste che metteva a dura prova la resistenza di donne e
uomini, di contadini e braccianti che quelle
terre erano il più delle volte costretti a coltivare. Coloni, mezzadri ed
infine gelsominaie hanno contribuito a riscrivere le relazioni intercorrenti
fra loro e i baroni detentori della proprietà. Ci siamo limitati, dunque,
a ripercorrere una fase non troppo lontana nel tempo ma intensa e pregna di
significato. Attraverso il contributo di una gelsominaia (ancora vivente)
abbiamo ricordato un periodo in cui si è avuta una svolta importante nel
cammino delle conquiste sociali in campo lavorativo. Lo abbiamo fatto attraverso il racconto di
Pasqualina, ex gelsominaia, che ricorda quel periodo con rammarico ed
una certa amarezza.
<< ...“Vede queste distese coltivate ad ulivi e
bergamotto? Qui era tutto gelsomino. A Condofuri c'erano grandi estensioni di
gelsomini. Io sono nata tra i gelsomini!
Ho iniziato a
lavorare a 15 anni; la prima volta mi hanno fatto ritornare a casa perché ero
piccola - non mi potevano mettere in regola. Quella volta, mia madre mi aveva
dato un pezzo di pane avvolto in una salvietta, ma non sono riuscita a
mangiarlo per la delusione.
Poi piano piano mia
madre ci ha inseriti, una volta una figlia, una volta un 'altra. Eravamo 5
figli; erano tempi brutti!
L'irrigazione -
racconta pacatamente - la si faceva in tarda serata. Quando noi iniziavamo il
lavoro, le naside (distese coltivate a gelsomino) erano tanti acquitrini… Noi raccoglievamo i
gelsomini a piedi nudi, immersi fino alla caviglia, non avevamo stivali, a
volte gli zoccoli che però si impigliavano, allora li prendevamo e li buttavamo
via.
La raccolta si
faceva di notte - aggiunge - perché di giorno, al sole i petali del gelsomino
si essiccavano”.
IL tono della voce sembra voglia giustificare
la durezza di un lavoro che in fondo lei amava – “Ci alzavamo dalla mezzanotte,
alle due, alle tre a seconda e finivamo nella prima mattinata.
"Lo sa quanto
ce lo pagavano un chilo di gelsomino? - dice con tono interlocutorio e di
stupefazione - venticinque lire. In una notte quelle brave, le maestre, ne
facevano 4 chili, al massimo cinque" Ecco perché tante mamme, non appena
qualche figlio era in grado di farlo se lo portavano appresso. E chi non aveva
a chi lasciare i più piccoli?
Insomma….. a distanza
di anni come definirebbe il gelsomino?
A margine della testimonianza si è ricordato come in seguito alle proteste delle gelsominaie protrattasi per un periodo abbastanza lungo si è giunte ad un accordo che, oltre ad un sostanzioso aumento del salario, ha stabilito un minimo di diritti fondamentali per le lavoratrici in genere.
fig. 4 - 7 Momento di confronto culturale |
fig. 5 Foto ricordo: Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" Sindaco del comune di Condofuri Equosud |
Art. di:
Francesco Manglaviti
Fotografie di:
Ponti Pialesi
Nino Guarnaccia
Lillo Minniti