martedì 28 giugno 2016

DOMENICA 03 LUGLIO 2016 ARCHEOTREKKING: Palizzi Superiore sulle tracce del Monastero di S. Ippolito

Palizzi Superiore
nell'incanto di una visione favolistica
fotografia di Lillo Minniti 

Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" di Condofuri


PROGRAMMA 


  • Ore 08.30: Ritrovo sullaStrada Statale Ionica 106, provenendo da Reggio Calabria piazzale lato destro in prossimità dello svincolo per Condofuri - località San Carlo. 
  • Ore 09.30: Arrivo previsto presso il borgo di Palizzi  e parcheggio autovetture 
  • Ore 09.45: Inizio Archeotrekking. 

  • Meta dell’Archeotrekking: visita guidata per ammirare i ruderi del Monastero di Sant'Ippolito. 



Palizzi il paese del vino ... e non solo 
Video di JONNY WILD 


NOTE 

DIFFICOLTÀ:   cat. E (turistica), prevede un tempo di percorrenza di circa due ore e trenta minuti (nell'ultimo tratto si seguirà il corso della Fiumara di Palizzi).

A conclusione della visita guidata seguirà una degustazione di prodotti tipici locali.

Il rientro è previsto nel pomeriggio.

(*) PER L'ARCHEOTREKKING si consigliano:
1. Scarpe, abbigliamento e attrezzature da trekking;
2. cappello;
3. occhiali da sole; 
4. visto il periodo stagionale maglietta di ricambio; 
5. scorta di acqua potabile.


N.B. = Ogni componente della comitiva partecipa a titolo volontario e sotto la propria responsabilità, sollevando l’organizzazione da qualsiasi danno o incidente che si potrebbero verificare durante l’Archeotrekking; esonerando così l'organizzazione da ogni responsabilità civile o penale. 

APPROFONDIMENTI: 

DESCRIZIONE DELL'INSEDIAMENTO 


Palizzi superiore è un insediamento di culmine, dove alla sommità della rocca è edificato il castello mentre percorsi a quote diverse e con andamento pressoché parallelo alle curve di livello realizzano la struttura viaria principale, e percorsi ortogonali a quelli citati permettono i collegamenti trasversali. Il tessuto edilizio è variante, articolato in dipendenza dell'entità del salto di quota tra i percorsi principali, ma in generale composto sia da isolati serviti dalle strade in quota che da isolati, di forma irregolare, nei quali prevale la disposizione ortogonale alla linea di massima pendenza del terreno, dal basso verso l'alto costeggiando il costone di roccia. I vicoli sono strettissimi e vi sono infinite gradinate che conducono a slarghi e a una piazza principale, dove è edificata la Chiesa di Sant'Anna. 

Palizzi Superiore
foto di Massimo Collini 

Borgo di Palizzi Superiore 

NOTE STORICHE 
Palizzi Superiore è un bellissimo borgo dell’Area Grecanica in Provincia di Reggio Calabria, centro agricolo del versante meridionale dell’Aspromonte greco, situato sul fianco destro della valle della fiumara omonima, tra il monte Grappida a 682 m s.l.m. e il monte Carruso a 619 m s.l.m. Il nome di questo piccolo centro storico significa “luogo ombroso” dal greco polìscin; ma Palizzi è tutt’altro che luogo ombroso all'odierno viaggiatore che arrivando si trova in uno scenario medievale e favolistico; il toponimo sta a indicare solo che il centro abitato si sviluppa a ridosso e alla base del costone di roccia, che gli fa da ombra, sul quale è costruito l’imponente castello. Per la prima volta compare nella documentazione storica dell’XI secolo come bene appartenente al Monastero di Sant’Angelo di Valle Tuccio e alla fine del secolo successivo tra i casali appartenenti alla contea di Bova. Il feudo di Palizzi nel Trecento fu venduto da Bartolomeo Busca e diviene proprietà dei Ruffo di Calabria sotto Guglielmo, conte di Sinopoli; alla sua morte il baronato fu spartito tra il nipote Antonello e lo zio Folco, venendosi così a creare il ramo dei Ruffo di Palizzi – Brancaleone. Nel 1479 Palizzi è possedimento di Bernardino Maldà de Cordona tornando poi proprietà della famiglia Ruffo nel 1498, che realizzò importanti interventi e opere per lo sviluppo dell’insediamento abitativo. Nel Cinquecento il baronato di Palizzi passò in mano a varie dinastie; nel 1505 barone era Ayerbo d’Aragona, che sposò Geronima Ruffo, mentre nel 1580, dopo essere stato possedimento della famiglia Spinella, passa ai Romano di Messina; e fu proprio Francesco Colonna Romano che fece inserire lo stemma araldico che spicca sull'ingresso del castello. Nel Seicento Palizzi fu proprietà degli Arduino  di Messina e nel 1751 venduta ai De Blasio, che governarono fino al 1806. Sotto la famiglia dei de Blasio importanti interventi furono attuati nella ristrutturazione del castello, che tutt'oggi sono leggibili. (*)

IL CASTELLO 
Il Castello di Palizzi Superiore (XIV-XIX secolo) elevandosi su un mastodontico costone roccioso a 300 m s.l.m. con pareti a picco, in posizione dominante rispetto al centro abitato, ha origini medievali. La prima edificazione della rocca risale al XIII secolo ma è probabile che il castello sia stato edificato dai Ruffo nel XIV secolo. Da un certificato del Mastro d’atti di Palizzi, Saverio Grimaldi, risulta che nel 1751 il castello era cinto da mura con due torrioni. All’interno c’era una grande scala con una sola finestra, la cucina “con sua ciminera focolare”, una camera con soffitto di tavole rotto, “un’antecamera anche rustica insuffitata di tavole”, una serie di altre stanze, magazzini e cantine. L’originario impianto difensivo è stato rimaneggiato dai Romano e dai Colonna fino ad essere stato trasformato in palazzo residenziale, nel 1860, dalla famiglia baronale dei De Blasio. Dell’impianto antico rimangono le alte mura di cinta con i poderosi bastioni, le bocche da fuoco che seguono il ciglio del costone roccioso. Oltre che alcune tracce di merli e feritoie. La porta d’ingresso, sovrastata da una caditoia, conserva ancora la ghiera d’arco di pietra e lo stemma con l’epigrafe di Francesco Colonna che nel 1580 restaurò il castello. (1) 
Tutti i prospetti sono arricchiti con cornicioni ad elementi lineari, sottolineati sulla facciata principale da piccole forature ovali. Numerose sono le bucature sui prospetti, finestre con arco a tutto sesto segnano il piano terra, finestre ogivali e più complesse il piano superiore. L'ingresso principale e quello sulla terrazza che domina il paese sottostante si collocano, rispetto alla muratura, su un corpo avanzato merlato e dai contorni smussati. L'interno presenta evidenti interventi di restauro con elementi di rinforzo delle strutture in ferro e nuovi solai con travi in legno. Una passerella di legno consente il camminamento nelle stanze principali. Al piano terra si rilevano selle e altri elementi di periodo molto recente in cui il castello fu destinato a ricovero per animali. Le altre stanze, di cui quelle al piano superiore, erano destinate a stalle, cucine, magazzini e stanze private. Il castello era inoltre dotato di carceri ricavate nella roccia viva. A livello tecnico-costruttivo, si ha una struttura muraria costituita da blocchi di pietrame allettati in malta a base di calce, rinzeppata con laterizi, mentre gli elementi decorativi sono stati realizzati in pietra calcarea. Il castello è stato dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali ed è stato catalogato dalla Soprintendenza Belle Arti e del Paesaggio della Calabria con il sistema di catalogazione dei Beni Culturali con il sistema SIGEC/WEB del MiBACT. (*)

Castello 

CHIESA DI SANT'ANNA 
La chiesa protopapale di S. Anna è stata studiata architettonicamente da G. Martelli, indica come origine della sua edificazione il XVII sec., ma la cupola, che ha i raccordi interni simili a quelli della cupola di S. Giovanni Vecchio di Stilo, è molto probabilmente di origine bizantina. Per lo studioso A. Venditti la cupola di S. Anna è << un tardivo tributo alla tradizione bizantina>>. (2)
All'interno di quest'antico edificio ecclesiastico è custodita la scultura lignea di Sant'Anna, commissionata nel 1827 dall'ultimo barone di Palizzi, Tiberio De Blasio. Nella chiesa è anche custodita nell'abside la statua in marmo di Sant'Anna e la Madonna, attribuibile allo scultore Cesare Quaranta, databile alla fine del Cinquecento.

Chiesa di S. Anna 

RUDERI DEL MONASTERO DI SANT'IPPOLITO 
Secondo gli studi e i rilievi effettuati dal Prof. Domenico Minuto  nella zona a nord di Palizzi Superiore, a circa un chilometro in linea d'aria, chiamata S. Ippolito doveva sorgere l'antico monastero. Oggi non c'è traccia del convento, ma solo qualche muro di vecchie case coloniche.
Nella visita effettuata il 2 giugno 1963, il Prof. Minuto con gli accompagnatori, interloquiscono con un contadino del luogo, che racconta loro come durante i lavori di scasso per i vigneti sovrastanti sono state rinvenute <<grosse pietre>> (forse lastroni tombali) e ossa umane.(3) 

PALIZZI TERRA RICCA DI BENI CULTURALI MA ANCHE TERRA DEL BUON VINO E DELLA BUONA OSPITALITÀ' 

Chi visita Palizzi rimarrà ammaliato dai suoi Beni Culturali, dall'incanto dei paesaggi favolistici e non di meno dalla grande ospitalità greco - calabra tipica di questi luoghi. I partecipanti all'Archeotrekking potranno  assaporare anche i buoni prodotti tipici della cultura agro - pastorale e il buon vino di Palizzi, che è uno dei più rinomati della viticultura calabrese. Le vigne storiche del territorio comunale costituiscono una grande risorsa per l'intera popolazione. Dopo un lavoro lungo un anno la vendemmia avviene nella seconda decade di settembre; dopo la pigiatura le uve fermentano in vasche di acciaio per 48/60 ore; passato il tempo necessario sono pressate e il mosto riversato in serbatoi di acciaio a temperatura controllata, dove resterà fino al primo travaso di novembre. Seguono altri due travasi e dopo una permanenza di circa due mesi in botti di legno di castagno, come tradizione vuole, è messo in bottiglia, dove rimarrà per circa 18 mesi dalla vendemmia, per affinare ancora per tre mesi prima di essere immesso sul mercato. Palizzi è un'area d'eccellenza per la produzione vinicola della Calabria greca, qui è prodotto un rosso di alta gradazione alcolica che soddisfa i gusti di buoni estimatori. Le aree del territorio comunale di Palizzi più vocate alla viticoltura sono quelle intorno al borgo di Palizzi Superiore, a Pietrapennata e a quote più alte. I vitigni esistenti sono quelli storici e quelli ritenuti i migliori; dei neri fondamentali sono il Nerello di Palizzi, il Castiglione e la Negrazza, che conferiscono particolare pregio a questo vino prodotto con un lavoro duraturo e impegnativo, praticato secondo un sapere storico tramandato per salvaguardare, valorizzare e tramandare le tradizioni locali oltre che ottenere un buon prodotto da offrire ai visitatori. (*) 






FONTI:
(*TESTO A CURA DI VINCENZA TRIOLO. 
(1) GENOVESE BENEDETTA e  MARINO RENATA (testi di), Castelli della Provincia di Reggio Calabria. Volume 7, Marina di Gioiosa Jonica (RC) 2002, p. 68.
(2) MINUTO DOMENICO, Catalogo dei Monasteri e dei luoghi di culto tra Reggio e Locri, Edizioni di storia e Letteratura, Roma 1977, pp. 237 - 238. 
(3) MINUTO DOMENICO, Catalogo dei Monasteri e dei luoghi di culto tra Reggio e Locri, Edizioni di storia e Letteratura, Roma 1977, pp. 239 - 241. 

FONTI ICONOGRAFICHE: 
1 _ Foto di Vincenza Triolo _ Settembre 2015 _ Album: Visita turistico - culturale a Palizzi con amici e parenti.
2 _ Foto di Massimo Collini _ da:  http://www.madeinsouthitalytoday.com/palizzi.php
3 _ Foto da http://www.inaspromonte.it/i-vini-igt-palizzi-ad-expo-2015/
4 _ Foto di Aldo Fiorenza da http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/335274
5 _ Foto da http://www.panoramio.com/photo/85081752
6 _ Foto di Vincenza Triolo _ Vendemmia: settembre  2015, vigneto nel territorio comunale di Palizzi. 

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  • Le note con approfondimenti sono per coloro che intendono arricchire le proprie conoscenze sulla storia dei luoghi e l’identità culturale di un popolo in un determinato luogo della Calabria greca.
PER AGGIORNAMENTI DELL'ULTIMA ORA COLLEGATI ALLA 
PAGINA EVENTO FACEBOOK GRUPPO ARCHEOLOGICO VALLE DELL'AMENDOLEA DI CONDOFURI (RC): 
https://www.facebook.com/events/1601183886846741/

BIBLIOGRAFIA CONDIVISA PER ULTERIORI LETTURE 

- CARIDI G., Palizzi, dal Tardo Medioevo all'Ottocento, Falzea (collana Città di Calabria e di Sicilia), Reggio Calabria 1999.

- D'AGOSTINO E., La diocesi greca di Bova, in Calabria bizantina. Il  territorio grecanico da Leucopetra a Capo Bruzzano, X Incontro di studi Bizantini, ( Reggio Calabria, 4 - 6 ottobre 1991), Soveria Mannelli (CZ) 1995, pp. 98 - 113.

- DE MARCO M., Dal primo rinascimento all'ultima Maniera. Marmi del Cinquecento nella Provincia di Reggio Calabria, Esperide, Pizzo, 2010.

- GUIDA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, PROG. "CONOSCERE PER TUTELARE", Dove si parla la lingua di Omero. Identità e paesaggi nell'Aspromonte greco, LibrArte, 2016. 

mercoledì 22 giugno 2016

SABATO 25 GIUGNO 2016 VILLAGGIO DELL'ECONOMIA SOLIDALE SCILLA (RC)



Dopo la grande partecipazione di sabato 18 giugno 2016 Equosud, il Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" di Condofuri e G.A.S. Reventino vi aspettano giorno 25 giugno sul lungo mare di Scilla (RC) dalle ore 19.00 alle ore 23.00 con il "Villaggio dell'Economia Solidale", dove sarà possibile a tutti visitare esposizioni di prodotti tipici locali e mostre artigianali. 

L'evento rientra in un ampio progetto di valorizzazione delle produzioni locali, solidarietà, giustizia sociale, lavoro solidale e rispetto per la terra, per far conoscere e valorizzare i prodotti e produttori del territorio reggino, per coinvolgere l'intera cittadinanza e arricchire e promuovere l'immagine di Scilla, come afferma la Pro Loco di Scilla promotrice e organizzatrice dell'iniziativa in collaborazione ad Equosud. 



Il Villaggio dell’Economia Solidale è una realtà che si occupa di consumo critico, sviluppo sostenibile, educazione ambientale e diritti umani con attività educative e ricreative rivolte a tutti; ed è anche un luogo di aggregazione e informazione sulle tematiche dello sviluppo degli stili di vita consapevoli.

Il Villaggio dell'Economia Solidale è un'idea condivisa tra gruppi e associazioni che sperimentano nuove forme di economia, dove obiettivi primari sono:
  • promuovere una cultura e un'economia equo e solidale come nuova modalità di organizzazione delle società umane, dal livello locale a quello globale; 
  • rafforzare le realtà di economia solidale che vi aderiscono attraverso una comune attività di promozione;
  • unire le forze e le esperienze nel tentativo di costruire teoricamente e sperimentare praticamente un modello economico alternativo; 
  • abbattere, attraverso il rapporto diretto produttore/consumatore, il costo dei prodotti, evitando in questo modo che gli acquisti risultino accessibili solo a una ristretta élite di persone, e garantendo così al produttore un prezzo dignitoso e al consumatore la possibilità di poter acquistare a un prezzo non troppo elevato prodotti di qualità realizzati nel rispetto dei principi equo e solidali; 
  • organizzare iniziative di formazione, sensibilizzazione e informazione destinate agli aderenti e alla società tutta.



Consumare e fare la spesa ci sembrano fatti banali che riguardano solo noi, le nostre voglie, il nostro portafoglio […]. Eppure il consumo è tutt’altro che un fatto privato, […] è un fatto che riguarda tutta l’umanità perché dietro a questo nostro gesto quotidiano si nascondono problemi di portata planetaria di natura sociale, politica ed ambientale”.

[CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, Guida al consumo critico, EMI, p.11].




lunedì 20 giugno 2016

"Una Montagna di Pace" _ Abbazia di Corazzo (Carlopoli - CZ) con GRUPPO ARCHEOLOGICO "VALLE DELL'AMENDOLEA" ed EQUOSUD







Dieci anni dopo l’ultima edizione ritorna “Una montagna di Pace” a cui parteciperanno anche il GruppoArcheologico Valle dell’Amendolea di Condofuri (RC) ed EqosudL’evento sarà organizzato da Rivìentu – Coordinamento territoriale delle Associazioni del Reventino – che del Forum del Reventino di cui fu protagonista Bruno Arcuri dieci anni fa raccoglie in buona parte l’eredità – in collaborazione con La Carovana. I temi della giornata saranno i beni comuni, l’agricoltura sostenibile, il recupero dei territori in via di spopolamento, l’emergenza migranti e il moltiplicarsi dei centri di accoglienza.


PROGRAMMA: 


Ore 9.00 Escursioni 

Ore 10.30 Tavoli tematici di lavoro, nel corso dei quali saranno affrontate alcune problematiche del territorio e sviluppati nuovi progetti, nello specifico:

- Buone pratiche per uno sviluppo sostenibile del territorio. Turismo lento, cultura, musica tradizionale, agricoltura naturale e ambiente.

- Economia solidale / Gas, consumo critico, auto-produzione. 

- Interazione tra territorio e migranti.

Ore 15.00 l'esibizione del collettivo di scrittura Manifest. aprirà e chiuderà il dibattito “Perché restare. Prospettive per le aree interne", al quale interverranno Vito Teti, antropologo presso l'Unical e Domenico Lucano, sindaco di Riace.

Ore 17.00 spazio alla musica! Sul palco si susseguiranno: Onda Kalabra, Suoni Caotici Nomadi Cover BandI Musicanti del VentoSabatum Quartet, L'evoluzione, Folk n' Roll. Le esibizioni dei gruppi saranno intervallate da brevi momenti di riflessione e testimonianza su quanto di buono si è finora realizzato nel panorama dell’accoglienza e dell’integrazione calabrese. Sul palco si alterneranno Valerio Formisani,Enzo InfantinoAhmed Berraou e i Teatrop con lo spettacolo "I maghi della pioggia". La serata si chiuderà in compagnia di Rasdò.


Tanti altri eventi e momenti, frutto della stessa sensibilità e attaccamento al territorio, scandiranno la giornata: il mercatino del “Gruppo di Acquisto Solidale del Reventino”, “Leggere il Patrimonio” un divertente e formativo laboratorio didattico in compagnia dei gufetti di Museum children ebook, un angolo di poesia con Tonio Costanzo, una lettura di brani tenuta da Scenari Visibili, musica e danza popolare in compagnia di Felici & Conflenti.





PROGRAMMA ARCHEOTREKKING 2016 PREPARATEVI PER PROSSIME DATE FINO AL 30 LUGLIO 2016


Nelle attività di Monitoraggio e Ricognizione del 2016, il Gruppo Archeologico “Valle dell’Amendolea di Condofuri" propone una serie di circuiti attraverso luoghi ricchi di storia, immersi in un paesaggio unico nel suo genere, tra collina e mare, tra natura e archeologia del territorio aspromontano greco. Ogni anno il direttivo, facendo seguito alle richieste dei propri associati, propone un calendario di Archeotrekking, per attuare campagne di ricognizione e monitoraggio oltre far ripercorrere e rivivere la storia del territorio e i siti archeologici degli antichi popoli che occuparono questa terra della Calabria Greca, di seguito le prossime date con le località e i siti archeologici che andremo a visitare. 


DOMENICA 12 Giugno 2016
 Tra Archeologia, fede ed antica economia rurale  a Motticella
località  Motticella  – Comune di Bruzzano Zeffirio


DOMENICA 19 giugno 2016
Roghudi Vecchio (tra rovine e leggende...) 
presso Ghorio di Roghudi  e Roghudi Vecchio


DOMENICA 03 Luglio 2016
Palizzi Superiore sulle tracce del Monastero di S. Ippolito
 Comune di Palizzi


SABATO 30 DOMENICA 31 Luglio 2016
ARCHEOTREKKING NOTTURNO

Lungo l'Amendolea per il Mulino... Racconti nella notte... 
Amendolea - Gallicianò - loc. Focolio  
Comune di Condofuri










Con Il Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" saranno presenti anche i Compagni - amici di EQUOSUD (Auto Produzioni Equo Solidali) per condividere  momenti alla riscoperta dei tesori della nostra terra. 


Rimanete aggiornati; dieci giorni prima della data prefissata per l'Archeotrekking sarà pubblicato il programma e tutte le informazioni utili;  quest'ultime potranno essere visionate  al nostro blog e pagina Facebook. Vi aspettiamo numerosi per arricchire, insieme a noi, le vostre conoscenze sulla storia dei luoghi e dell'identità culturale di un popolo e di un determinato luogo della Calabria ionica camminando.  

Gruppo Archeologico
“VALLE  dell’AMENDOLEA di CONDOFURI”
Via Salinella Alta, snc –  Condofuri (RC) - C.F. 92078290803 89030

IL DIRETTIVO


CONTATTI:   



PAGINA FACEBOOK:  

DOMENICA 12 Giugno 2016
Tra Archeologia, fede ed antica economia rurale  a Motticella
località  Motticella  – Comune di Bruzzano Zeffirio
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DOMENICA 19 Giugno 2016
Roghudi Vecchio (tra rovine e leggende...)
Ghorio di Roghudi e Roghudi Vecchio
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DOMENICA 03 Luglio 2016
Palizzi Superiore sulle tracce del Monastero di S. Ippolito 
Palizzi Superiore
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https://www.facebook.com/events/1601183886846741/

SABATO 30 - DOMENICA 31 LUGLIO 
ARCHEOTREKKING NOTTURNO 
Lungo l'Amendolea per il Mulino... Racconti nella notte... 
Amendolea - Gallicianò - Focolio 
PAGINA EVENTO SU FACEBOOK:
https://www.facebook.com/events/1743866752551118/


venerdì 17 giugno 2016

IL CODEX PURPURES ROSSANENSIS TORNA IN CALABRIA

CODEX PURPURES ROSSANENSIS
CODICE PURPUREO DI ROSSANO CALABRO


Epoca di realizzazione: Inizio o metà del VI secolo d.C.
Provenienza: Asia minore o Antiochia, oggi Turchia, anche se s è a stata avanzata un'altra ipotesi secondo la quale è stato composto a Cesarea di Palestina.  
Formato: 30,7 x 26,0 cm. 
Volume: si sono conservati 188 fogli. 
Lingua: Greco. 
Contenuto: I quattro Vangeli (solo il testo di Marco ci è pervenuto integralmente).
Decorazione: 15 pagine miniate. 
Proprietario e luogo di conservazione: Rossano Calabro, Museo dell'Arcivescovado.
Precedenti proprietari: Il committente è ignoto. Secondo alcuni studi, il manoscritto fu realizzato probabilmente in Siria o in Palestina e giunse in Italia fra il VII e il IX secolo. 


Il prezioso Evangelario torna a casa e dal 2 al 7 Luglio 2016 sarà di nuovo visibile presso il Museo dell'Arcivescovado di Rossano in super teca. Ritorna a casa dopo tre anni di indagini e di analisi nei laboratori romani dell'Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, che hanno confermato l'inestimabile valore e l'origine orientale nel VI sec d. C. e che hanno accompagnato un delicatissimo restauro e messa in sicurezza con una nuova più bilanciata rilegatura. Il restauro è stato possibile grazie all'impegno della Soprintendenza e ad un finanziamento della Direzione Regionale della Calabria. 


Il restauro del 'Codex Purpureus Rossanensis'
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA




L'Evangelario di Rossano Calabro è il più suggestivo codice liturgico databile all'inizio o più probabilmente alla metà del VI secolo. Il manoscritto, conservatosi solo in parte, contiene i primi due Vangeli e presenta in versione integrale solo il Vangelo di Marco. Il “Codex Purpureus Rossanensis”, è fra i documenti librari più preziosi del patrimonio calabrese, fu rinvenuto nella sacrestia della Cattedrale di Maria Santissima Achiropita di Rossano da Adolf von Harnack e pubblicato subito dopo nel 1880. Questo prezioso evangeliario presenta miniature, che ci sono pervenute, in minima parte dei decori originali. Le illustrazioni sono divise in due registri, che raccontano una sequenza narrativa statica. La sequenza narrativa si apre con la parabola del Buon Samaritano e si conclude con la liberazione di Barabba. Il manoscritto contiene l’intero Vangelo secondo Matteo e quasi tutto quello di Marco oltre una parte della lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli. Il nome “Purpureus” è dovuto alle pagine violacee colorate con la porpora ed è composto di 188 fogli degli originari 400. Il testo è in scrittura onciale greca, trascritta in due colonne su pergamena e  l’inchiostro è aureo per il titolo e per le tre righe iniziali di ciascun Vangelo mentre argenteo per tutto il resto. Grazie alle sue dimensioni, questo manoscritto evangelico costituisce il più ampio e prezioso tra i cinque codici greci miniati orientali esistenti nel mondo (il “Genesi Cotton” della British Library di Londra, la “Wiener Genesis” della Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna, il “Codice Sinopense” della Bibliothèque National di Parigi, il “Codice «N»” di S. Pietroburgo). Infatti, il Codex Purpures Rossanensis rappresenta uno dei pochi manoscritti purpurei di epoca tardoantica o altomedioevale conservatisi fino ai nostri giorni; la sua realizzazione richiedeva un'organizzazione molto complessa. Per eseguire un capolavoro di questo tipo, erano necessarie notevoli risorse finanziarie, estrema perizia artistica e scrittoria e una committenza particolarmente munifica. Queste ultime considerazioni e l'analisi degli eleganti tratti dei personaggi che preannunciano la raffinata pittura bizantina, hanno portato gli studiosi a supporre che il Codice provenga dal grande centro di Costantinopoli.  


In particolare le miniature riprendono:
  • la risurrezione di Lazzaro (tav. 1); 
  • l’ingresso di Gesù a Gerusalemme (tav. 2); 
  • la cacciata dei venditori dal tempio (tav. 3); 
  • la parabola delle io vergini (tav. 4); 
  • l’ultima Cena e la lavanda dei piedi (tav. 5); 
  • la comunione col Pane (tav. 6); la comunione col Calice (tav. 7); 
  • Gesù nell’orto del Getsemani (tav. 8); la guarigione del cieco nato (tav. li);
  •  la parabola del Buon Samaritano (tav. 12); 
  • Gesù davanti a Pilato e pentimento di Giuda (tav. 13); 
  • il tribunale di Pilato ed il confronto Gesù- Barabba (tav. 14); 
  • l’Evangelista Marco (tav. 15). 
Fuori testo sono da considerare le Tavole 9 (Frontespizio delle tavole dei Canoni) e 10 (la lettera di Eusebio a Carpiano in cornice dorata e decorata con fiori ed uccelli).



Frontespizio: la pagina contiene una miniatura, in cui è raffigurata la fascia ornamentale circolare delineata, sia all'interno che all'esterno, da una cornice aurea che si interseca lungo le direttrici del diametro orizzontale e verticale, dando luogo a quattro tondi collocati nella suddetta fascia ornamentale. In ciascuno di questi è dipinta la mezza figura di un evangelista ritratto su un fondo azzurro. I ritratti dei quattro evangelisti non hanno caratterizzazioni individuali, per cui Matteo è identificabile grazie al nome inciso in alto, gli altri invece sono identificabili grazie alle iniziali: Marco a sinistra, Luca a destra e Giovanni in basso. Ognuno di essi si connota per la presenza dell’aureola, della copertina del libro dorato e per il singolare gesto di alzare la mano destra. Nello spazio che intercorre tra un tondo e l’altro si ravvisano dei dischi di colore nero, arancione, indaco e rosa. Al centro di questa illustrazione compare la scritta in greco: “Struttura del canone delle concordanze tra i Vangeli.



L'ingresso di Gesù a Gerusalemme: a destra sono abbozzati gli edifici della città con il popolo che si affaccia alle finestre incuriosito dall'arrivo del Messia; molte persone giovani ed anziani, che accorrono alla porta d'ingresso per andargli incontro, acclamandolo con ramoscelli di palma. In questa scena il miniatore raffigura anche coloro che stendono i loro mantelli sulla strada in segno di adorazione; e i giovani che salgono su un albero per una miglior vista e assistere meglio all'avvenimento. 


Oltre alla raffinata narrazione e tecnica coloristica, particolare rilievo spetta nel codice alla rappresentazione dell'immagine dell'Evangelista Marco, che rappresenta particolare importanza dal punto di vista storico. 




(Tav. 2) l’Evangelista Marcoil ritratto di Marco è l’unica figura di evangelista rimasta in un codice greco dei Vangeli, anteriore al X secolo, come fece notare il paleografo Guglielmo Cavallo (G. Cavallo, Codex Purpureus Rossanensis, Padova, 1992, p. 31). L’evangelista, seduto, si protende in avanti con lo sguardo fisso sulla mano destra che si posa su un largo rotolo aperto sulle ginocchia, che riporta il titolo del suo Vangelo: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio”. Davanti a lui una figura femminile avvolta in una veste azzurra, probabilmente Sophia (la Sapienza) sembra dettargli ciò che deve scrivere. 






Nella scena (Tav. 2), l'evangelista è rappresentato con il dignitoso contegno di un filosofo romano che, ispirato dalla musa della saggezza, tiene in mano il rotolo del testo sacro. La cornice, costituita da un'architettura richiama  i teatri romani; quindi una rappresentazione sacra con elementi rappresentativi legati ancora a una tradizione pagana e che prefigura già gli elementi architettonici dei baldacchini nei quali si inscrivono le grandiose immagini degli evangelisti dei manoscritti medievali. 

Il Codex di Rossano Calabro, secondo delle ipotesi aveva una destinazione liturgica, ma non vennero escluse altre destinazioni, grazie alla solennità delle scene e la preziosità del materiale scrittorio, che non era in genere di uso comune; e così, è stato ipotizzato che potrebbe trattarsi di un codice da parato, cioè destinato all'ostentazione in una casa di un rango sociale; o secondo il Prof. G. Cavallo dell'università la Sapienza di Roma, di un atto di pietà finalizzato alla salvazione dell'anima per conto di un aristocratico committente donatore: ipotesi che probabilmente invece di autoescludersi possono tracciare un percorso per il Codice che in un susseguirsi di avvenimenti da oggetto di ostentazione e gesto di pietà volto ad ottenere la salvazione dell'anima, è diventato anche oggetto di culto liturgico. 

Certo è che ci troviamo di fronte ad un documento di valore inestimabile, che conferma la storica funzione di ponte della Calabria tra Oriente ed Occidente in Epoca Bizantina e ora si attende il 2 luglio 2016 per ritornare ad ammirarlo nella sua sede storica a Rossano Calabro e conoscere in futuro informazioni inedite sugli studi e indagini effettuate in questo suo soggiorno a Roma, presso l' Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario.


ARTICOLO DI:
VINCENZA TRIOLO



(*) ALCUNI TESTI SUL CODEX PURPURES ROSSANENSIS 
        BIBLIOGRAFIA CONDIVISA: 
  • MALPICA C., La Toscana, l'Umbria e la Magna Grecia, Napoli 1846, pp. 313.
  • MUÑOZ A., Il Codice Purpureo di Rossano e il frammento Sinopense, con XVI tavole in cromofototipia, VII in fototipia e 10 illustrazioni nel testo, Roma, Danesi Editore, 1907.
  • Il Codice purpureo di Rossano. Testi informativi didascalie e commenti coordinati da mons. Ciro Santoro, Parallelo38, Chiaravalle Centrale (CZ), 1974
  • DE' MAFFEI F., Il codice purpureo di Rossano Calabro: la sua problematica e alcuni risultati di ricerca, in: Testimonianze cristiane antiche ed altomedievali nella Sibaritide. Atti del Convegno nazionale tenuto a Corigliano-Rossano l'11-12 marzo 1978, a cura di C. D'Angela. Istituto di Letteratura Cristiana Antica Universita di Bari, Bari, Adriatica Editrice, 1980 (Vetera Christianorum, Scavi e ricerche, 3), pagg. 122-264.
  • DE' Maffei F., Il codice purpureo di Rossano Calabro, in: Calabria bizantina, a cura di Valentino Pace, Roma, De Luca, 2003, pp. 161–182.

COMUNICATO STAMPA DEL SEGRETARIATO REGIONALE MiBACT 
PER LA CALABRIA:  

L’inaugurazione il prossimo 3 luglio del Museo Diocesano di Rossano Calabro da parte di S.E. Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo della Diocesi di Rossano Cariati, alla presenza del Sottosegretario MiBACT Dorina Bianchi, del Governatore della Regione Calabria, Mario Oliverio e del Segretario MIBAC Calabria, Salvatore Patamia rappresenta, nell’ambito di una politica culturale di promozione e valorizzazione del patrimonio artistico e storico delle diocesi calabresi, un traguardo di assoluta rilevanza il cui conseguimento è da ascriversi ad una lungimirante ed efficace sinergia tra gli Istituti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo e la Regione Calabria cui si deve il finanziamento dell’intera e complessa ”operazione” (POR Calabria FESR 2007/13), che ha interessato tanto i lavori edili e di allestimento, intesi a riorganizzare degli spazi espositivi del Museo, secondo criteri museali scientifici e moderni, che sappiano sfruttare adeguatamente gli spazi strutturali e valorizzarne maggiormente i contenuti, quanto le attività di restauro e progettazione espositiva del manufatto più famoso, oseremmo dire, ma anche più pregevole del patrimonio artistico non solo della cittadina dell’alto Jonio cosentino ma dell’intera Regione, il Codex Purpureus Rossanensis, secondo la denominazione con la quale è universalmente conosciuto. Valorizzazione e saggia politica conservativa costituiscono dunque, in estrema sintesi, il binomio di un corretto approccio alla promozione dei nostri beni culturali e, nel caso di Rossano Calabro, hanno costituito le coordinate entro le quali dare attuazione alla complessa operazione culturale. Era il gennaio del 2011 quando, a fronte dei finanziamenti sopra specificati, la Diocesi di Rossano- Cariati e la l’ex Direzione Regionale del Ministero dei Beni e le Attività Culturali ed il Turismo, concertavano la realizzazione del nuovo Museo con la costituzione di un tavolo tecnico e la partecipazione dell’Istituto Centrale per la Conservazione Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario avente il delicatissimo incarico di provvedere all’intervento conservativo sul Codex, focus dell’ambizioso progetto. L’Istituto ha fornito, altresì, a completamento dell’operazione conservativa, le linee guida grazie alle quali gli architetti progettisti incaricati di dare nuova veste al museo, hanno potuto assicurare, già nell’ambito della rinnovata struttura architettonica museale, le condizioni ambientali utili al rispetto di parametri funzionali ad una corretta conservazione del pregevolissimo evangelario; per quest’ultimo è stata, inoltre, predisposta una teca “precondizionata” onde permettere di calibrare nella maniera più opportuna il microclima interno e la qualità dell’aria, nel contempo assicurando le operazioni di manutenzione ed osservazione diretta dell’opera. L’acquisizione digitale multibanda con restituzione in formato tif e jpg di ben 376 immagini/modelli in 3D delle preziose pergamene costituenti il Codex consentirà di sfogliare virtualmente il pregevolissimo manufatto utilizzando una postazione touch-screen. Com’è evidente, dunque, all’attività di tutela, e questa è la grande novità del progetto realizzato a Rossano Calabro, si affianca un’idea nuova in tema di fruizione dei beni culturali ed infatti il visitatore troverà installati, all’interno di alcune sale del rinnovato museo, tre video che lo guideranno in maniera suggestiva attraverso la millenaria storia della Diocesi e, grazie alla predisposizione di percorsi tematici, all’approfondimento di alcuni aspetti della vita religiosa di quell' antichissima comunità cristiana cui l’evangelario pervenne, probabilmente dalla lontana Siria già tra la fine del VI secolo e l’inizio del successivo, e che ancora oggi gelosamente lo custodisce. Un’ultima importante considerazione è relativa all’inserimento nell’ottobre dello scorso anno del Codex quale patrimonio dell’umanità ed immesso dall’Unesco nella “New incription on the International Memory of the World Registrer”.




lunedì 13 giugno 2016

DOMENICA 19 GIUGNO 2016 ARCHEOTREKKING: Roghudi Vecchio (tra rovine e leggende…)

Roghudi Vecchio 


Faccio fatica a sovrapporre le immagini di rovina e di abbandono a quelle di bellezza struggente del paesaggio e della natura. C’è tutta una tradizione di sguardi, del resto, che lega indissolubilmente, in diversi contesti, la bellezza e la rovina, e la Calabria è stata definita come terra di bellezza e di rovine per eccellenza“.

Da: Il senso dei luoghi di Vito Teti 

PROGRAMMA 


  • Ore 09.00: Ritrovo sulla strada provinciale per Condofuri Superiore presso lo svincolo Amendolea (piazzale fontana prima dell’imbocco del ponte);
  • Ore 09.45: Arrivo previsto nel borgo (oramai abbandonato) di Roghudi vecchio e parcheggio autovetture; 
  • Ore 10.00: Inizio Archeotrekking. 

  • Meta dell’escursione: visita guidata nei ruderi dell’antico borgo e, a seguire, percorso panoramico fino alla (famosa) Rocca del Drago e le (ancor più famose) Caldaie del Latte.

NOTE 

DIFFICOLTÀ:   cat. E (turistica), prevede un tempo di percorrenza di circa tre ore.

Ore 12,30, consumazione pranzo a sacco presso un’area attrezzata nelle vicinanze del vecchio borgo.

Il rientro è previsto nel pomeriggio.

(*) PER L'ARCHEOTREKKING si consigliano:
1. Scarpe, abbigliamento e attrezzature da trekking;
2. cappello;
3. occhiali da sole; 
4. visto il periodo stagionale maglietta di ricambio; 
5. scorta di acqua potabile.



N.B. = Ogni componente della comitiva partecipa a titolo volontario e sotto la propria responsabilità, sollevando l’organizzazione da qualsiasi danno o incidente che si potrebbero verificare durante l’Archeotrekking; esonerando così l'organizzazione da ogni responsabilità civile o penale. 


Roghudi (Richùdi o Rigùdi in greco - calabro) = Luogo pieno di crepacci.

Roghùdi è adagiato su uno sperone roccioso lambito ad Ovest dalla fiumara Amendolea e a Est dal torrente Furria che incontrandosi a Sud del costone formano una penisola suggestiva e imponente. Le case sono costruite sull’orlo di altissimi precipizi che rendono precaria la posizione di tutto il centro abitato. Il territorio nel 1084 era di proprietà del feudo di Bova e verso la fine del XII secolo passava al feudo di Amendolea. Nel 1624 Francesco Ruffo, Duca di Bagnara, acquistava il comune di Roghùdi dal casato dei Mendoza, che lo avevano avuto in dono nel 1532, tenendolo sotto il suo dominio fino al 1806 quando fu proclamata l’eversione della feudalità.

L’alluvione del 1970 ha costretto gli abitanti di Roghùdi e della vicina frazione di Chorìo all’abbandono delle proprie abitazioni poiché persistevano un serio pericolo di frane, circostanza questa che indusse il sindaco Angelo Romeo a firmare l’ordinanza di sgombero del 16 febbraio 1971. Il 4 luglio del 1981 è stata posta la prima pietra e nel 1988 furono assegnate le prime case. Nel centro del paese di Roghùdi c’è la chiesa di San Nicola costruita dopo che il terremoto del 1908 aveva distrutto la vecchia chiesa che sorgeva molto vicino alla fiumara, oggi ristrutturata.




ROGHUDI: Il Paese Fantasma
Video di JONNY WILD 

APPROFONDIMENTI 

Nelle tradizioni popolari grecaniche molti racconti intrattenevano i bambini, racconti con figure mitologiche, quali: mostri, folletti, gnomi e fate, che si alternavano  a ballare sull'aia, in casa a rovistare tra le cose o per strada ad osservare gli abitanti e spaventarli se del caso con scherzi di poco gusto e dispetti. Queste figure mitologiche  invisibili apparivano soltanto in sporadiche occasioni. Secondo una leggenda a Roghudi esistevano le Naràde o Anaràde che erano delle donne dalle sembianze metà umane metà animali con zoccoli di asina o mula che vivevano nella contrada di Ghalipò, prospiciente Roghudi. Di giorno, rimanevano nascoste tra le rupi; di notte, cercavano di attirare, con ogni stratagemma con la trasformazione della voce, le donne del luogo con l'intento di ucciderle, al fine di sedurre gli uomini del paese. Per proteggersi dalle loro irruzioni, vennero costruiti tre cancelli, collocati in tre differenti entrate del paese: uno a “Plachi”, “uno a Pizzipiruni” e uno ad “Agriddhea”.

<< ... Questa figura fu importata nella Bovesia dalle popolazioni ellenoglotte provenienti dalle aree periferiche della Grecia, dove ha avuto una lunga tradizione che va dall'antichità fino all'epoca bizantina e post - bizantina...>> 

<< ... , figlie di Nereo e della Oceanina Doride. Erano considerate immortali e di natura benevola. Facevano parte del corteo del dio del mare Poseidone insieme ai Tritoni e venivano rappresentate come fanciulle con i capelli ornati di perle, a cavallo di delfini o cavalli marini...

Le Nereidi , le ninfe marine della mitologia greca


... Le Nereidi e le Naradà dei racconti che ritroviamo nella Calabria Greca sono gli stessi personaggi? 
Difficile dirlo! ... >> (1)

Nei racconti greco - calabri non si fa cenno mai a una sua particolare bellezza o immortalità, anzi sono donne con i piedi di asina; e in un racconto vengono scomunicate e maledette dal Papa e poi fatte precipitare dalle rupi; non vivevano in mare ma erano ninfe che abitavano le caverne e le fenditure delle rocche dove affioravano le acque sorgive. Un altro luogo di leggende non è molto distante dal borgo antico di Roghudi e si trova precisamente nella frazione di Ghorio di Roghudi, oggi in stato di abbandono. A Ghorio di Roghudi c'è una rocca dalla forma particolare chiamata Rocca tu Draku, quest'ultimo termine è d'origine ellenistica e significa occhio. Secondo la leggenda questo era il Drago di Roghudi che sul culmine del colle, nel territorio comunale,  custodiva un tesoro inestimabile, che sarebbe stato assegnato soltanto al valoroso coraggio di un combattente, capace di superare una prova. La prova da superare consisteva nel sacrificare tre esseri viventi maschi: un neonato, un capretto e un gatto nero. Nessun cavaliere, secondo tradizione, riuscì a sfidare il Drago compiendo il sacrificio, finché un giorno nacque un bambino malformato. Lo sfortunato infante fu affidato a due uomini affinché se ne sbarazzassero, questi pensarono subito alla vecchia leggenda e decisero di prepararsi per sfidare il Drago, così prepararono l'altare, per prima sacrificarono il capretto e il gatto nero e poi si organizzarono per procedere con il sacrificio del piccolo, ma qualcosa all'improvviso avvenne. Nell'istante in cui stavano per uccidere l'infante, una violenta ed improvvisa tempesta di vento scaraventò i due uomini contro le caldaie del Drago, uccidendo uno dei due. Da quel giorno, la leggenda narra, che nessuno mai più osò sfidare il Drago e che per l'uomo sopravvissuto momenti tristi si presentarono fino alla fine dei suoi giorni; tutti tormentati dal Diavolo. Le sette caldaie o caddareddhi che permettevano, sempre secondo leggenda, al Drago di nutrirsi sono identificabili in un'altra rocca dalla forma particolare di groppe, situata vicino a quella identificata come la testa del Drago.(2)  

Rocca Tu Draku e Caddareddhi 

(*) Le note con approfondimenti sono per coloro che intendono arricchire le proprie conoscenze sulla storia dei luoghi, dell’identità culturale di un popolo e di un determinato luogo della Calabria greca.

FONTI:
TETI V., Il senso dei luoghi. Memorie e storia dei paesi abbandonati, Donzelli editore, Roma 2004. 
JONNY WILD PAGINA FACEBOOK: https://www.facebook.com/JonnyWild62/videos/1699088523670683/
(1) PARCO CULTURALE DELLA CALABRIA GRECA, GARERI S. (a cura di), I Majìa. I Pentacunti Grecanici Fiabe dallo spopolamento. La danza della Naràda. To chòremma ti Naràda, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2016. 
(2) TESTO A CURA DI VINCENZA TRIOLO 

PROGRAMMA ARCHEOTREKKING 2016 
http://gruppoarcheologicovalledellamendolea.blogspot.it/2016/06/programma-archeotrekking-2016.html

PAGINA FACEBOOK GRUPPO ARCHEOLOGICO VALLE DELL'AMENDOLEA DI CONDOFURI (RC):
https://www.facebook.com/GruppoArcheologicoValleDellAmendolea/