Antico Palmento scavato nella roccia a Ferruzzano (RC) |
PROGRAMMA
• Ore
09.00: raduno
presso Strada Statale Jonica 106, - provenendo da Reggio C. nel piazzale
lato destro in prossimità dello svincolo per Condofuri Superiore - San Carlo.
•
Ore 09.45: arrivo previsto a Ferruzzano FS, da qui si
proseguirà per l’antico borgo di Ferruzzano, parcheggio auto e inizio percorso
Archeotrekking - attività di ricognizione e monitoraggio presso i siti dove si
trovano gli antichi "Palmenti scavati nella roccia".
•
Meta dell’escursione: i siti
archeologici dove si trovano gli antichi "Palmenti
scavati nella roccia", nell’entroterra
del territorio di Ferruzzano.
- A conclusione della
visita guidata si potrà degustare un
pranzo costituito da prodotti tipici locali.
- Il rientro è
previsto nelle ore pomeridiane della giornata.
NOTE
DIFFICOLTÀ: cat. E (turistica), prevede un tempo di percorrenza di circa due ore.
(*) PER L'ARCHEOTREKKING si consigliano:
1. Scarpe, abbigliamento e attrezzature da trekking;
2. cappello;
3. occhiali da sole;
4. visto il periodo stagionale variabile maglietta di ricambio e equipaggiamento per la pioggia;
3. occhiali da sole;
4. visto il periodo stagionale variabile maglietta di ricambio e equipaggiamento per la pioggia;
5. scorta di acqua potabile.
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Appuntamento per i SOCI E NON SOCI al punto di ritrovo alle ore 09.00 presso SS. 106 (area parcheggio antistante lo svincolo per San Carlo - Condofuri Superiore), si richiede puntualità.
Per info e conferma adesione scrivere o chiamare ai seguenti contatti:
gruppoarcheoamendoleacondofuri@gmail.com
TEL.: 338 7628710 - Risponderà Francesco Manglaviti
TEL.: 3934839205 - Risponderà Lillo Minniti
Direttore e Membro del Direttivo
del Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" di Condofuri,
ma se nei vostri contatti trovate il numero degli altri membri del gruppo le prenotazioni saranno valide ugualmente!
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PER I NON SOCI DEL G. A. VALLE DELL'AMENDOLEA
VIGE LA SEGUENTE COMUNICAZIONE:
Ogni componente della comitiva partecipa a titolo volontario e sotto la propria responsabilità, sollevando l’organizzazione da qualsiasi danno o incidente che si potrebbero verificare durante l’Archeotrekking: attività di ricognizione e monitoraggio, esonerando così l'organizzazione del Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" di Condofuri da ogni responsabilità civile o penale.
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QUALCHE BREVE DESCRIZIONE E NOTE STORICHE - DOCUMENTARIE - BIBLIOGRAFICHE:
fig. 1 - BORGO ANTICO DI FERRUZZANO (RC) |
L'antico borgo di Ferruzzano in provincia di Reggio Calabria è un "insediamento di culmine" nell'entroterra dell'Aspromonte meridionale, il cui nome è composto da due parole della lingua locale: un sostantivo "ferru" (ferro) e un aggettivo "nzanu" (sano), quindi "ferro sano o saldo", che non si rompe. Una denominazione questa legata alla sua conformazione insediativa, in posizione strategica su un'altura inaccessibile e naturalmente fortificata, tanto da rendere il borgo inaccessibile contro le incursioni degli invasori. Ferruzzano fu casale di Bruzzano Zeffirio, appartenne alle famiglie: Marullo di Condojanni e Canotto tra il 1550 e il 1592, agli Staiti dal 1592 al 1674 e in seguito per successione femminile ai Carafa fino all'eversione della feudalità nel 1806. Con l'istituzione dei Comuni e dei Circondari, secondo legge francese del 4 maggio 1811, Ferruzzano venne elevato a Comune e incluso nel Circondario di Staiti. Le strutture architettoniche dell'antico borgo furono danneggiate dai terremoti del 1783 e del 1907 e del 1908.
TETI scrive:
<< ... Il terremoto del 28 dicembre 1908 colpisce il paese quando non erano ancora stati risanati i gravissimi danni causati dal terremoto dell’anno precedente. In gran parte degli edifici danneggiati i lavori di riparazione non erano stati completati e in numerosi casi neppure iniziati. Gli effetti furono rovinosi: su un totale di 400 case che costituivano il centro abitato di Ferruzzano, 350 (87,5%) risultarono crollate o da demolire, 25 (6,25%) danneggiate gravemente o rese inabitabili e 25 (6,25%) lesionate in modo più leggero. Per anni, dopo il terremoto del 1907 e quello del 1908, molti cittadini vissero in baracche o catapecchie. Il paese vecchio di Ferruzzano non viene mai del tutto abbandonato e il paese nuovo non viene mai del tutto ricostruito. Ci vollero decenni perché le macerie venissero sgomberate e perché le baracche assumessero l’aspetto di abitazioni meno precarie, dando vita a “Ferruzzano due” (in contrada Saccuti). Le famiglie più facoltose cominciano a trasferirsi a Brancaleone Marina, a una quindicina di chilometri dal paese. Comincia la nascita della “Ferruzzano tre”, la odierna Ferruzzano Marina...
... Con le altre Ferruzzano, oltre oceano, un’antica comunità compatta si è frantumata in mille schegge...>>
STRANIERI scrive: << ...Ferruzzano, infatti, finisce d’essere comunità per diventare ammasso informe di cemento armato che, disordinatamente, in silenzio, continua ad organizzarsi sulle rive del mar Jonio, nel mezzo di Capo Bruzzano e Capo Zeffirio...>>
Intorno al III sec. a. C. l'economia in questo lembo di terra nella Magna Grecia era basata principalmente sulla produzione e sul commercio del vino, ma in Terra Calabra, la viticultura era già praticata da popolazioni pelasgiche, guidate da Enotro, attorno al 1650 a. C.
Con i Greci il paesaggio agrario calabrese subì una grande trasformazione, in quanto enormi estensioni di terreno furono destinate alla viticultura, una pratica agraria, che prosegui nel tempo e nelle popolazioni che si susseguirono. I vini prodotti venivano esportati come la storia e i reperti archeologici lo testimoniano. Nella Vallata del Bruzzano, l'area dove ricade il territorio comunale di Ferruzzano, si producevano vini autoctoni di qualità. I terreni collinari erano caratterizzati da terrazzamenti con muri a secco di pietra reperita in sito e secondo l'uso pelasgico. (1)
A Ferruzzano, notevoli estensioni di vigneto si sviluppavano in un'area di circa mille ettari; in quest'area sono stati individuati ben 152 palmenti scavati nella roccia, che affiorano a cielo aperto, usati fino a tempi recenti ed ora in stato di abbandono in mezzo alla macchia mediterranea. Spesso fino a un passato recente i "palmenti rupestri", in esame, furono utilizzati come abbeveratoi fortuiti per gli animali; in alcuni casi alcuni inutilizzati furono distrutti per lasciare i terreni liberi per la coltivazione di altre colture.
I Palmenti Rupestri oggi rappresentano una testimonianza tangibile di quel mondo agro - pastorale, che oggi conosciamo attraverso quella trasmissione orale protrattasi nel tempo e tramanda da padre in figlio con il racconto di un lavoro, nella trasformazione dell'uva, antico manuale con tecniche e maestrie di grande valore. I Palmenti rinvenuti per la maggiore sono risalenti all'Epoca Bizantina, altri di età precedenti; insieme alle grotte e ai ruderi dei manufatti architettonici basiliani, di cui è ricca la zona, ci pongono di fronte a uno scenario più antico, di lunga durata, caratterizzato da una storia di fondazioni e abbandoni, ricostruzioni e spostamenti dalla costa all'entroterra con un ritrasformarsi continuo dei luoghi.
Il merito della ricerca scientifica dei Palmenti rupestri è da attribuire al Prof. ORLANDO SCULLI, che dal 2002 li ha censiti e catalogati, durante una ricerca tematica in cui si è aggregata un'ulteriore ricerca con la scoperta e il recupero di ben 129 vitigni autoctoni. Tali ricerche e scoperte descritte in apposita documentazione con pubblicazioni del Prof. Sculli, risultano di straordinaria importanza per una lettura in chiave antropologica, storica ed economica del territorio del basso ionio reggino.
Sui Palmenti di Ferruzzano, per chi fosse interessato ad approfondire, si cita la pubblicazione:
Su qualche palmento si è trovata ancora oggi incisa una croce di sicura derivazione bizantina, riconoscibile dalla semisfera con cui termina il braccio verticale.
TETI scrive:
<< ... Il terremoto del 28 dicembre 1908 colpisce il paese quando non erano ancora stati risanati i gravissimi danni causati dal terremoto dell’anno precedente. In gran parte degli edifici danneggiati i lavori di riparazione non erano stati completati e in numerosi casi neppure iniziati. Gli effetti furono rovinosi: su un totale di 400 case che costituivano il centro abitato di Ferruzzano, 350 (87,5%) risultarono crollate o da demolire, 25 (6,25%) danneggiate gravemente o rese inabitabili e 25 (6,25%) lesionate in modo più leggero. Per anni, dopo il terremoto del 1907 e quello del 1908, molti cittadini vissero in baracche o catapecchie. Il paese vecchio di Ferruzzano non viene mai del tutto abbandonato e il paese nuovo non viene mai del tutto ricostruito. Ci vollero decenni perché le macerie venissero sgomberate e perché le baracche assumessero l’aspetto di abitazioni meno precarie, dando vita a “Ferruzzano due” (in contrada Saccuti). Le famiglie più facoltose cominciano a trasferirsi a Brancaleone Marina, a una quindicina di chilometri dal paese. Comincia la nascita della “Ferruzzano tre”, la odierna Ferruzzano Marina...
... Con le altre Ferruzzano, oltre oceano, un’antica comunità compatta si è frantumata in mille schegge...>>
STRANIERI scrive: << ...Ferruzzano, infatti, finisce d’essere comunità per diventare ammasso informe di cemento armato che, disordinatamente, in silenzio, continua ad organizzarsi sulle rive del mar Jonio, nel mezzo di Capo Bruzzano e Capo Zeffirio...>>
Oggi come molti borghi dell'entroterra dell'Aspromonte meridionale soffre degli effetti dello spopolamento, il territorio conserva ancora un patrimonio culturale di grande valore da conservare e valorizzare, come i numerosi Palmenti rupestri sparsi nel proprio territorio.
fig. 2 - Palmenti rupestre |
Intorno al III sec. a. C. l'economia in questo lembo di terra nella Magna Grecia era basata principalmente sulla produzione e sul commercio del vino, ma in Terra Calabra, la viticultura era già praticata da popolazioni pelasgiche, guidate da Enotro, attorno al 1650 a. C.
Con i Greci il paesaggio agrario calabrese subì una grande trasformazione, in quanto enormi estensioni di terreno furono destinate alla viticultura, una pratica agraria, che prosegui nel tempo e nelle popolazioni che si susseguirono. I vini prodotti venivano esportati come la storia e i reperti archeologici lo testimoniano. Nella Vallata del Bruzzano, l'area dove ricade il territorio comunale di Ferruzzano, si producevano vini autoctoni di qualità. I terreni collinari erano caratterizzati da terrazzamenti con muri a secco di pietra reperita in sito e secondo l'uso pelasgico. (1)
A Ferruzzano, notevoli estensioni di vigneto si sviluppavano in un'area di circa mille ettari; in quest'area sono stati individuati ben 152 palmenti scavati nella roccia, che affiorano a cielo aperto, usati fino a tempi recenti ed ora in stato di abbandono in mezzo alla macchia mediterranea. Spesso fino a un passato recente i "palmenti rupestri", in esame, furono utilizzati come abbeveratoi fortuiti per gli animali; in alcuni casi alcuni inutilizzati furono distrutti per lasciare i terreni liberi per la coltivazione di altre colture.
I Palmenti Rupestri oggi rappresentano una testimonianza tangibile di quel mondo agro - pastorale, che oggi conosciamo attraverso quella trasmissione orale protrattasi nel tempo e tramanda da padre in figlio con il racconto di un lavoro, nella trasformazione dell'uva, antico manuale con tecniche e maestrie di grande valore. I Palmenti rinvenuti per la maggiore sono risalenti all'Epoca Bizantina, altri di età precedenti; insieme alle grotte e ai ruderi dei manufatti architettonici basiliani, di cui è ricca la zona, ci pongono di fronte a uno scenario più antico, di lunga durata, caratterizzato da una storia di fondazioni e abbandoni, ricostruzioni e spostamenti dalla costa all'entroterra con un ritrasformarsi continuo dei luoghi.
Il merito della ricerca scientifica dei Palmenti rupestri è da attribuire al Prof. ORLANDO SCULLI, che dal 2002 li ha censiti e catalogati, durante una ricerca tematica in cui si è aggregata un'ulteriore ricerca con la scoperta e il recupero di ben 129 vitigni autoctoni. Tali ricerche e scoperte descritte in apposita documentazione con pubblicazioni del Prof. Sculli, risultano di straordinaria importanza per una lettura in chiave antropologica, storica ed economica del territorio del basso ionio reggino.
Sui Palmenti di Ferruzzano, per chi fosse interessato ad approfondire, si cita la pubblicazione:
SCULLI O., I Palmenti di Ferruzzano – Archeologia del vino e testimonianze di cultura materiale in un territorio della Calabria Meridionale , Ediz. Palazzo Spinelli, 2002.
Il Palmento rupestre era costituito da due
vasche scavate nella roccia arenaria, una superiore chiamata "buttìscu" ed
una inferitore "pinàci", comunicanti tra loro attraverso un foro. Ove non vi era in loco la presenza di roccia friabile, il palmento era costruito in muratura mista, impermeabilizzando le vasche con uno
strato di intonaco con uno spessore di circa 3 cm, costituito da sabbia e calce mista a coccio
pesto. L’uva versata nel buttìscu, il cui foro
veniva otturato con argilla, veniva pigiata con i piedi e lasciata
riposare lì per un giorno ed una notte e la pigiatura stessa era un rituale. Passato il tempo utile era eliminato il tappo e si lasciava
defluire il mosto nel pinàci. Nella vasca superiore, attraverso
delle scanalature, ricavate nelle pareti laterali, era posizionata una grossa
tavola piena di fori e chiamata appunto foràta, questa serviva a creare una strettoia "consu"
in cui si versavano le vinacce per essere ulteriormente schiacciate da una
specie di pressa. La pressa era costituita da un tavolone di legno di quercia forato "chjancùni", sulla quale poggiava un pesante tronco di legno, la "leva" che terminava a
forcella. La leva era azionata da un tronchetto filettato, il fusu, retto da una
pesante pietra, che aveva la funzione di contrappeso, la "màzara". Ultimate le pratiche di lavorazione nel palmento, il mosto prodotto era infine riposto nelle anfore vinarie.
Su qualche palmento si è trovata ancora oggi incisa una croce di sicura derivazione bizantina, riconoscibile dalla semisfera con cui termina il braccio verticale.
La conoscenza come lo studio dei Palmenti scavati nella roccia di Ferruzzano e del loro utilizzo rientrano in un'ottica antropo - archeologica, che si affianca all'etnologia, la geologia, la simbologia e la linguistica oltre che l'epigrafia per comprendere l'evoluzione delle attività produttive quotidiane dell'uomo, in un determinato luogo e in un determinato ambiente.
Descrizione e Note Storiche - Documentarie - Bibliografiche a cura di:
VINCENZA TRIOLO,
Conservatore dei Beni Archit. e
Amb.
membro del G.A. Valle dell'Amendolea di Condofuri.
membro del G.A. Valle dell'Amendolea di Condofuri.
Bibliografia:
(1) SCULLI O., I vigneti autoctoni della Locride, Ed. Città Calabria, Aprile 2004, p. 34.
Fotografie:
fig. 1 - Dal sito del Comune di Ferruzzano(RC)
fig. 2 - Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea di Condofuri
Fotografie:
fig. 1 - Dal sito del Comune di Ferruzzano(RC)
fig. 2 - Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea di Condofuri