lunedì 25 aprile 2016

1 MAGGIO 2016



CONDOFURI - AMENDOLEA 

TERRA LAVORO E LIBERTÀ

TENETEVI PRONTI PER L'EVENTO ORGANIZZATO DA: 

EQUOSUD  GRUPPO ARCHEOLOGICO D'ITALIA "VALLE DELL'AMENDOLEA" 

PROGRAMMA 

Ore 09.00: Raduno e partenza sulla strada provinciale per Condofuri sup. presso lo svincolo Amendolea (piazzale fontana prima del ponte). 

Ore 09:15: Arrivo ad Amendolea e parcheggio. 

Ore 09.30: Inizio ARCHEOTREKKING FIUMARA DELL’AMENDOLEA CASTELLO RUFFO.

Ore 13.00 (circa): PRANZO AUTOGESTITO CON PRODOTTI BIOLOGICI DEL TERRITORIO al costo di Euro 10.00. 
Per il pranzo è preferibile PRENOTARSI AI SEGUENTI NUMERI: 
Domenico TRAMONTANA 3494049055 -  EQUOSUD 
Giuseppe PUTORTÌ 3314545202 - EQUOSUD 
Francesco MANGLAVITI 3387628710 - GRUPPO ARCHEOLOGICO "VALLE DELL'AMENDOLEA" 
Enzio PRATICÒ 3409623608 - GRUPPO ARCHEOLOGICO "VALLE DELL'AMENDOLEA"

Ore 15.00 (circa): Dopo pranzo nel pomeriggio si terrà un INCONTRO - DIBATTITO sulle TEMATICHE DEL LAVORO.

PERCORSO ARCHEOTREKKING 

ll percorso guidato si snoda lungo gli argini morbidi e sinuosi della fiumara dell’Amendolea; si ripercorreranno fedelmente quei sentieri, a passo abbastanza spedito, dove si consumavano gli andirivieni dei contadini che, con duro lavoro, si dedicavano alle coltivazioni del bergamotto, degli agrumi e degli ortaggi in genere. Si ripercorreranno i sentieri della  cultura agro -pastorale che nel territorio si praticava e si pratica con dignità e duro lavoro; una cultura basata sui valori solidaristici con la conservazione e la tutela delle tradizioni dell'identità greco - calabra. Il percorso si concluderà con la visita del Castello Ruffo dell'Amendolea con l'antico borgo, gioielli di architettura Medievale del territorio del Comune di Condofuri 

DIFFICOLTÀ: cat. E (turistica), prevede un tempo di percorrenza di circa tre ore.
RIENTRO: nel pomeriggio alla fine dell'incontro - dibattito. 

(*) PER L'ARCHEOTREKKING si consigliano:
1. Scarpe, abbigliamento e attrezzature da trekking;
2. cappello;
3. K-way per la pioggia; 
4. scorta di acqua potabile.



NOTE: 

FIUMARA DELL'AMENDOLEA


L'Amendolea o Amendulìa Potamò in Greco di Calabria è una delle fiumare dell'Aspromonte in  provincia di Reggio Calabria di cui è il corso d'acqua più importante. Il suo nome potrebbe derivare dalla presenza, lungo le sue sponde, di parecchi alberi di mandorlo.Come tutte le fiumare, è ricca d'acqua, spesso anche in piena d'inverno, e quasi a secco durante il periodo estivo. Nel tratto iniziale le acque sono mosse e veloci, a valle diventano calme, con un letto vasto che le fa scivolare verso il mare. L'Amendolea nasce nel cuore del Parco nazionale dell'Aspromonte, crea meravigliose cascate e poi percorre 31 chilometri per sfociare nel Mar Jonio, nel territorio comunale di Condofuri. 
La fiumara, scendendo dalle montagne dell'Aspromonte ha creato nei millenni la rigogliosissima e fertile Valle dell'Amendolea. Nell'antichità l'Amendolea era un grande fiume, molto probabilmente navigabile, il che spiegherebbe la colonizzazione greca dell'entroterra in questa zona della Calabria (es. Bova, Roccaforte del Greco, Condofuri, Roghudi). Il suo principale affluente è il torrente Menta, sul quale è stata costruita di recente l’omonima diga. In epoca greco-romana era molto più ricca di acqua, al punto che i geografi la descrivevano come navigabile fino all'attuale abitato di Amendolea; da qui la tesi su quale delle fiumare del versante jonico reggino fosse il fiume Alece (o Alice, dal greco Αλήξ, Halex, "salato"), confine naturale tra le due polis magno greche di Reggio e Locri Epizefiri, dibattuta da tempo. Alcuni studiosi ritengono fosse l'Amendolea, altri la Fiumara di Palizzi. L'importanza strategica del confine naturale era enorme, poiché divideva le due più importanti città magno greche della zona. Dopo molti scontri le due città stabilirono tacitamente il loro confine proprio sul corso d'acqua. Dice a tal proposito il geografo greco Strabone in Geografia, VI, I, 8:

« Il fiume Alece, che divide il territorio di Rhegion dalla Locride passando attraverso una profonda valle, ha questa particolarità riguardo alle cicale: quelle sulla riva locrese cantano, mentre quelle sull'altra riva non hanno voce. Si congettura che ciò ne sia la causa: le seconde si troverebbero in un luogo ombroso, cosicché le loro membrane sarebbero sempre umide e non si distenderebbero mai; le prime, invece, stando in un luogo soleggiato, avrebbero le membrane asciutte e simili al corno, così da essere ben adatte ad emettere il suono».

CASTELLO RUFFO DI AMENDOLEA E L'ANTICO BORGO 


Il Castello Ruffo di Amendolea, fortezza medievale situata nell'omonimo paese nel pieno centro di quella che è conosciuta come l'area grecanica della Provincia di Reggio Calabria, sorgeva in un ruolo altamente strategico, in quanto la valle della fiumara Amendolea costituiva in epoca storica il confine tra Locri e Reggio Calabria. Il castello, localizzato nel settore nord-occidentale di un lungo ed impervio costone roccioso che si erge nell’area di confluenza tra le fiumare Amendolea e Condofuri, è un tutt’uno con l’altura posta a sud-ovest, occupata dai monumentali ruderi del borgo. Questo, sorto ai piedi della fortificazione in età angioina, è rimasto in uso fino all’alluvione del 1953. La località è attestata per la prima volta in un diploma greco del 1086 dove è ricordato il fatto che gli arconti Roberto di Fibrao, Ruggero di Lizio ed altri mandati dal Conte Ruggiero dovettero sanare alla buona una lite insorta tra Guglielmo e Riccardo di Amigdalia, circa i confini dei tenimenti di Bova e “Amigdalia”, stabilendo che il territorio posto a destra del torrente Amendolea dovrà essere affidato a Guglielmo, figlio di un compagno d’armi di Roberto e Ruggero d’Altavilla: Framundo. Il castello, per la complessa orografia del luogo, era difficilmente raggiungibile e il carattere difensivo del luogo era esaltato dalla presenza della sottostante fiumara di Amendolea, le cui acque, soprattutto nella brutta stagione, erano particolarmente impetuose. La sua fondazione è da riferire alla seconda metà dell’XI secolo e anche ad Amendolea, così come documentato per altri castelli calabresi, la torre-mastio o donjon venne costrtuita fin dall’inizio con possenti murature. Le strutture murarie più antiche, spesse circa tre metri, si ritrovano nella parte inferiore di un’alta torre di forma quadrangolare costruita direttamente sul banco roccioso. Infatti, a causa di un evento sismico, tali muri furono utilizzati intorno alla metà del XII secolo come base per la costruzione di un nuovo e più elegante donjon, realizzato con una tecnica già impiegata in alcuni edifici di culto greco-normanni di Calabria e Sicilia, basata sull’alternanza di elementi litici locali, mattoni e pietra lavica. Simile alla più antica torre mastio doveva risultare della torre cappella, il primo luogo di culto costruito nel castello normanno sull’opposto limite dell’altura. La chiesetta, situata al secondo livello, era originariamente formata da un unico ambiente di m. 8,00 x 8,70, con abside centrale orientata e panche laterali in muratura. L’ingresso era localizzato, per esigenze funzionali e nel rispetto della tradizione bizantina, sul lato meridionale. La torre-cappella palatina e la torre-mastio, unitamente al muro con finestre arciere e ad una piccola cisterna costituiscono l’originario nucleo normanno del castello. Ad un periodo di transizione tra la prima e la seconda fase normanna (fine XI- fine XII secolo), deve essere riferita la costruzione in nuovo stile della torre-mastio, della grande cisterna con volta in laterizi, delle mura di recinzione presenti sul versante nord-orientale, di una nuova torre cappella e, probabilmente, della porta di accesso. La torre-cappella B, costruita alla metà del XII secolo, è articolata su tre livelli. Al piano inferiore è ubicata la piccola cisterna, mentre a quello superiore la cappella palatina, una piccola chiesa a navata unica mono-absidata; il terzo piano prevedeva in origine un solaio. Nel nuovo edificio di culto la struttura absidale venne costruita con conci e lastre di arenaria mentre per la ghiera dell’arco furono impiegati conci di calcarenite e pietra vulcanica. La bicromia ottenuta con l’alternanza di elementi litici chiari e scuri, frutto di una precisa scelta decorativa, contribuiva non poco all’eleganza dell’ambiente. Queste scelte decorative ed architettoniche, e le raffigurazioni presenti nelle fasi più antiche degli affreschi, dove è stata riconosciuta la figura di un leone, evidenziano gli stretti legami esistenti con ambiti culturali siciliani e lasciano intravedere i saldi rapporti che univano i signori dell’Amendolea alla corte palermitana. Anzi, si può quasi cogliere, nella formulazione architettonica e artistica del castello, il preciso desiderio di questi signori d’Aspromonte di celebrare, a proprio modo, la figura di Ruggero II. Tra la fine del XII secolo e la metà del successivo venne edificato il palacium castri. Si tratta di una grande aula rettangolare molto allungata e collegata direttamente, tramite una corta scaletta, con la cappella palatina. Tale aula, articolata su tre livelli, è contraddistinta dalla presenza al piano nobile, di una serie di monumentali finestre con arco a tutto sesto e doppia ghiera in cotto. Le finestre del livello inferiore, rivolte invece verso l’interno del castello, sono più piccole e strombate. Alla seconda metà del XIII-XIV secolo sono riferibili la sopraelevazione di molti ambienti castellani, la sistemazione dell’area di accesso al castello e alcune modifiche di carattere più residenziale apportate alla torre-mastio, quali ad esempio la costruzione di un elegante camino tutt’ora ben visibile. Tra la fine del XIV e il XVIII secolo sono da registrare nuove modifiche nella torre mastio, con la realizzazione di un nuovo solaio e l’apertura di una porta ad un livello inferiore; l’abbandono di molti altri settori del castello, alcuni dei quali utilizzati come immondezzai; il restauro della grande cisterna, evidenziato dalla costruzione di un muro di rinforzo e dalla graffitura sul nuovo strato di intonaco di uno stemma di “ambito” aragonese; la costruzione del grande recinto settentrionale e del sottostante fossato scavato nella roccia. L’intera area venne abbandonata in seguito al disastroso terremoto del 1783 che provocò il crollo di molti edifici ed una profonda spaccatura degli strati geologici.

Il borgo di Amendolea, che occupa un ridotto pianoro posto immediatamente a meridione del castello, è stato invece abbandonato nel 1953 a seguito di un’alluvione e si conserva oggi allo stato di rudere. Nonostante ciò spiccano tra le case i muri perimetrali della chiesa protopapale, che sino al 1965 era ancora agibile e coperta. Malgrado le passate trasformazioni e l’attuale stato di degrado, il borgo conserva ancora, nell’impianto urbanistico, evidenti segni della fase medievale. Sono infatti ben visibili ampie porzioni del recinto murario di età angioina, soprattutto nella parte sud-orientale dell’abitato. La chiesa protopapale dell’Assunta, collocata su di un pianoro che domina la vallata dell’Amendolea, è ricordata per la prima volta nel 1310, anno in cui viene ricordato il versamento delle decime da parte del prete Pietro. La planimetria rimanda ad una tradizione tipicamente bizantina, evidenziata dal rapporto tra larghezza e lunghezza (1:2), dal perfetto orientamento, dalla presenza ai lati dell’abside delle due nicchie, e dall’ingresso principale posto a mezzogiorno, ma la chiesa, così come oggi si presenta, è il frutto di due importanti interventi edilizi: uno riferibile alle fasi immediatamente successive al terremoto del 1783 e l’altro al 1920-30. All’esterno del castello si trovano tre piccole chiese conservate allo stato di rudere: S. Caterina (XIII sec.), S. Sebastiano (XV sec.) e S. Nicola (XI sec.). In quest’ultimo edificio si conservano importanti testimonianze pittoriche di tradizione bizantina (sec. XII).

Amendolea è un luogo di grande fascino: per la presenza del borgo e del castello, per lo straordinario spettacolo offerto dalla fiumara, per le tradizioni che ancora si riescono, sebbene a fatica, conservare e tramandare. Rispettarlo dovrà essere dovere di tutti.

  Testo di: 
Francesco A. CUTERI
www.icastelli.it


AMENDOLEA. UN CASTELLO NORMANNO TRA ANTICHE TERRE BIZANTINE
http://pensaliberamente.altervista.org/amendolea-un-castello-normanno-tra-antiche-terre-bizantine/

giovedì 21 aprile 2016

IL 30 APRILE 2016 RIAPRE IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI REGGIO CALABRIA


Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria riaprirà al pubblico nella veste definitiva il 30 APRILE 2016.  Il Direttore Carmelo MALACRINO, per l’occasione, ha annunciato anche la visita del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, in conferenza stampa. 
Ai Visitatori sarà offerto l’intero percorso dell’esposizione permanente, che affiancherà gli spazi per le mostre temporanee. Tra le tante vetrine, contenenti alcuni dei più importanti reperti della regione, si potrà attraversare l’intera storia dell’antichità calabrese. Un percorso che si concluderà con la grande sala dei Bronzi di Riace e dei Bronzi di Porticello. 

Lo stesso Malacrino ha dichiarato in conferenza stampa: 

“Vorrei salutare questo evento, così atteso da più parti, come una festa della città di Reggio Calabria” 

Il Museo già da tempo ha guardato favorevolmente alcune iniziative che sono state proposte dalle associazioni e dagli enti sul territorio, penso al rinnovo della convezione con la FAI per il progetto di alternanza scuola – lavoro “Apprendisti Ciceroni” con gli studenti delle scuole superiori o la recente mostra “Quello che le donne non dicono” con l’Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria. L’obiettivo, ora, è quello di aprire le porte del Museo alla città, alle sue forze vitali e alle energie positive, che ci sono, per contribuire a realizzare un evento straordinario. Nella consapevolezza che l’apertura di Palazzo Piacentini potrà comportare anche il consolidamento e la crescita del tessuto sociale, economico e produttivo di Reggio Calabria“.

Inoltre ha lanciato un appello a tutte le istituzioni: Regione, Provincia, Comune, Università e Scuole, invitando tutti a fare rete per una struttura restituita alla città dopo gli interventi di ristrutturazione.

Un evento culturale ma soprattutto storico questo da non perdere. 

Dopo l'inaugurazione con le autorità, prevista per la mattina di giorno 30, il MArRC aprirà al pubblico alle ore 15.00 con ingresso libero. Non è necessaria la prenotazione.

https://www.facebook.com/events/638735769611815/









mercoledì 20 aprile 2016

GERHARD ROHLFS, UN TEDESCO IN ASPROMONTE. Produzione ELIOS


Su You Tube visioniamo un'interessante documentazione video pubblicata
il 20 Novembre 2012, 
che racconta una parte della storia e dell'identità culturale dell'Area Ellenofona,
incisa  con il viaggio di GERHARD ROHLFS,
un tedesco in Aspromonte,
che dal 1921 al 1983 sostando in 365 paesi calabresi, 
registra, cataloga, studia e fotografa il nostro patrimonio culturale, per restituirci 
un'importante bibliografia. 
In 65 anni d'indagini tutto viene passato al setaccio: 
Usanze, parole, proverbi, giochi, cognomi, soprannomi, frasi idiomatiche, strutture sintattiche. 


Il video è una Produzione ELIOS, 
regia e montaggio di Emanuele TAGLIERI, 
che condividiamo  per conoscenza e divulgazione culturale. 



BUONA VISIONE

NOTE:

DI 
Emanuele TAGLIERI 
20 NOVEMBRE 2012 
https://www.youtube.com/watch?v=_ej-kd3pyQ0&feature=youtu.be

Gerhard Rohlfs nacque a Berlino nel 1892. Fu chiamato alle armi nella prima guerra mondiale e visitò alcuni campi di prigionia, dove fece una scoperta che doveva segnare tutta la sua vita di studioso: si rese conto che i prigionieri italiani, parlavano numerosi dialetti. Finita la guerra, Rohlfs decise di dedicarsi alla glottologia e alla dialettologia dell'Italia, abbandonando gli studi di botanica, che aveva da poco intrapreso. Già docente di filologia romanza in Germania, Rohlfs arrivò in Calabria con lettera di presentazione di Benedetto Croce, e scoprì subito le differenze linguistiche tra la Calabria latina, a nord della strozzatura Lamezia-Squillace, e la Calabria greca, quella reggina. In quest'ultima poi, c'era un'area ancora più impervia chiamata Bovésia, dove il greco era ancora lingua viva. I pochi studiosi italiani che si erano accorti di questa incredibile sopravvivenza, avevano fatto risalire la grecità linguistica esclusivamente al periodo bizantino, soprattutto al x secolo, epoca di intensa colonizzazione monastica basiliana. Dopo attente e capillari verifiche sul territorio, Rohlfs annuncia la sua teoria della trasmissione ininterrotta dell'ellenismo calabrese ex temporibus antiquis, cioè direttamente dai tempi della Magna Grecia, senza sostanziali soluzioni di continuità. Ciò equivale a sostenere che il latino, che è riuscito ad imporsi, sostituendosi alle lingue locali, in tutto l'impero, dalla Spagna alla Romania, non sarebbe penetrato in quell'inospitale territorio se non superficialmente, senza però sostituirsi al greco. In Calabria Rohlfs viaggiò dal 1921 al 1983, sostando in 365 paesi, frequentando le osterie dei piccoli centri aspromontani, familiarizzando con gli abitanti per conoscere dal vivo le particolarità della parlata locale. Usanze, parole, proverbi, giochi, cognomi, soprannomi, frasi idiomatiche, strutture sintattiche: in 65 anni di indagini tutto viene passato al setaccio, registrato, catalogato, studiato e fotografato. Fotografare per Rohlfs significava andare oltre la parola, fermare un modo di vivere, cogliere il silenzio interiore, la verità di una condizione umana o diciamo addirittura il segno di un destino. Un "archeologo delle parole" che ha lasciato oltre 700 scritti, 15 dei quali esclusivamente dedicati alla Calabria, come il "dizionario dialettale delle tre Calabrie", il "Dizionario dei cognomi e dei soprannomi della Calabria" e il Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, questi libri costituiscono un'insuperabile trilogia di cui la Calabria può andar fiera. Riconoscimenti gliene arrivano tanti, ma una delle onorificenze più gradite giunge il 18 marzo 1968: il conferimento della cittadinanza onoraria di Bova. Oggi a quasi trent'anni dalla sua scomparsa, l'etnia greca di Bova deve a Gerhard Rohlfs, in larga parte, il recente recupero di un'identità linguistica e culturale che anche grazie ai suoi studi resisterà ad una malinconica estinzione.




venerdì 1 aprile 2016

VIDEO DEI BORGHI ELLENOFONI VALLATA DELL'AMENDOLEA


L'AUTORE DEI VIDEO RIPORTATI NELLA NOSTRA PAGINA E': 

JONNI WILD 
Pilota di Droni Professionale con Brevetto Enac 

BUONA VISIONE CON UNA PASSEGGIATA VIRTUALE